Green Pass o “certificazione verde”: cos’è?
Nel cosiddetto “Decreto riaperture”, la novità più interessante è l’introduzione su tutto il territorio nazionale delle “certificazioni verdi Covid-19”, o “green pass”, per gli spostamenti per turismo tra le regioni arancioni e rosse. Qualora lo spostamento sia motivato da urgenza, necessità o lavoro, basterà la (ormai ben conosciuta) autocertificazione.
Il certificato potrà essere rilasciato dalle autorità sanitarie di riferimento, e cioè la struttura che ha effettuato il vaccino, o quella che ha eseguito il test oppure dal medico di famiglia, su richiesta dell’interessato, in formato cartaceo o digitale.
Chi abbia già completato il ciclo di vaccinazione, potrà richiedere la certificazione verde COVID-19 alla struttura che ha erogato il trattamento sanitario o alla Regione o alla Provincia autonoma in cui ha sede la struttura stessa.
In sostanza, il green pass è un certificato che attesta che il titolare vanta uno dei seguenti requisiti:
- aver ricevuto entrambe le dosi di vaccino anti-Covid
- essere risultati negativi a un tampone rapido o molecolare effettuato nelle 48 ore precedenti il viaggio
- aver contratto il virus ed essere guariti
Potrà essere richiesto anche per i bambini al di sopra dei 2 anni di età.
Green Pass: per quanto tempo sarà valido?
A seconda della motivazione per cui è stata rilasciata, la certificazione ha diversa durata della validità.
1) Dopo il vaccino: ha validità di sei mesi e reca indicazione del numero di dosi somministrate rispetto al numero di dosi previste per l’interessato.
2) Dopo la guarigione, ha una validità di sei mesi. Questa certificazione cessa di avere validità qualora, nel periodo di vigenza semestrale, l’interessato venga identificato come caso accertato positivo al Covid 19. Le certificazioni di guarigione rilasciate precedentemente alla data di entrata in vigore del decreto sono valide per sei mesi a decorrere dalla data indicata nella certificazione, salvo che il soggetto venga nuovamente identificato come caso accertato positivo al Covid 19.
3) Dopo tampone molecolare o antigenico rapido, ha una validità di quarantotto ore dal rilascio.
Il Green Pass non rispetterebbe la privacy
Ad avviso del Garante Privacy, non vi è una base normativa idonea per l’utilizzo dei certificati verdi su scala nazionale, ed il decreto è del tutto incompleto sul punto protezione dei dati personali.
Il Garante ha infatti predisposto un avvertimento formale, adottato ai sensi del Regolamento Ue, e l’ha trasmesso a tutti i Ministeri e agli altri soggetti coinvolti: “la norma appena approvata per la creazione e la gestione delle “certificazioni verdi”, i cosiddetti pass vaccinali, presenta criticità tali da inficiare, se non opportunamente modificata, la validità e il funzionamento del sistema previsto per la riapertura degli spostamenti durante la pandemia. È quindi necessario un intervento urgente a tutela dei diritti e delle libertà delle persone”.
Il decreto riaperture “non definisce con precisione le finalità per il trattamento dei dati sulla salute degli italiani, lasciando spazio a molteplici e imprevedibili utilizzi futuri, in potenziale disallineamento anche con analoghe iniziative europee. Non viene specificato chi è il titolare del trattamento dei dati, in violazione del principio di trasparenza, rendendo così difficile se non impossibile l’esercizio dei diritti degli interessati: ad esempio, in caso di informazioni non corrette contenute nelle certificazioni verdi”.
Tutto questo in aperto contrasto con quanto invece previsto dal Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali.
Il decreto, tra le le altre cose, prevede “un utilizzo eccessivo di dati sui certificati da esibire in caso di controllo, in violazione del principio di minimizzazione. Per garantire, ad esempio, la validità temporale della certificazione, sarebbe stato sufficiente prevedere un modulo che riportasse la sola data di scadenza del green pass, invece che utilizzare modelli differenti per chi si è precedentemente ammalato di Covid o ha effettuato la vaccinazione. Il sistema attualmente proposto, soprattutto nella fase transitoria, rischia, tra l’altro, di contenere dati inesatti o non aggiornati con gravi effetti sulla libertà di spostamento individuale. Non sono infine previsti tempi di conservazione dei dati né misure adeguate per garantire la loro integrità e riservatezza”.
Il Garante ha comunque offerto al Governo la propria collaborazione per affrontare e superare le criticità rilevate.
Attendiamo gli sviluppi